osservatorio universitario europeo

Wednesday, December 21, 2005

EUROPEAN SCHOOL OF ECONOMICS NON RICONOSCIUTA IN ITALIA

Consiglio di Stato, sez. IV, 31.05.2003, n. 3055;Presidente: Salvatore Estensore: Anastasi


MILITARI – LEVA – RINVIO – MOTIVI STUDIO – CORSI UNIVERSITARI – PRESSO UNIVERSITÀ STATALI O RICONOSCIUTE – BENEFICIO - SUSSISTENZA - CORSI ALL’ESTERO FUORI UNIONE EUROPEA – PER CONSEGUIMENTO TITOLI NON EQUIPOLLENTI - RICHIESTA AUTORIZZAZIONE SOGGIORNARE ALL'ESTERO PER MOTIVI DI STUDIO - NECESSITÀ

In materia di rinvio per frequenza corsi universitari la legge distingue tra corsi sostenuti in Italia o nell’Unione europea presso Università statali o riconosciute, dai corsi sostenuti presso Università fuori dell’Unione Europea il cui titolo di studio non sia considerato equipollente dallo Stato italiano. Per i primi compete il rinvio, mentre per i secondi esso è condizionato alla previa autorizzazione delle autorità militari a soggiornare all’estero per motivi di studio.

***

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale domicilia in Roma via dei Portoghesi n. 12
contro
A. A., rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Guglielmo Izzo e Giuseppe Conte e presso lo studio del primo domiciliato in Roma viale Bruno Buozzi n. 47;

per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sez. I bis 10.6.2002 n. 5407;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto la memoria di costituzione dell’appellato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica Udienza del 1 aprile 2003 il Consigliere Antonino Anastasi; uditi l’avvocato Izzo e l’avvocato dello Stato Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
L’Amministrazione impugna la sentenza in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale ha accolto il ricorso presentato dall’odierno appellato avverso il provvedimento di diniego di rinvio del servizio militare di leva per motivi di studio universitario.
Si è costituito l’appellato, insistendo per il rigetto dell’appello, che è stato trattenuto in decisione all’Udienza del 1 aprile 2003.
L’appello è fondato.
Con un unico ed articolato motivo deduce l’Amministrazione che l’appellato non ha diritto al rinvio del servizio di leva, in quanto frequenta in Italia un Istituto universitario non legalmente riconosciuto.
Il mezzo è fondato.
Al fine di ricostruire il quadro normativo rilevante nella presente controversia, è necessario innanzi tutto richiamare gli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1997 n. 504 (Adeguamento delle norme in materia di ritardi, rinvii e dispense relativi al servizio di leva, a norma dell'articolo 1, comma 106, della L. 23 dicembre 1996, n. 662), i quali disciplinano le ipotesi di ritardo del servizio di leva in favore degli studenti che frequentano corsi universitari – rispettivamente – in Italia o all’estero.
Per quanto riguarda la prima ipotesi, l’art. 3 ora citato prevede in sostanza che possono fruire del beneficio del ritardo dell'adempimento degli obblighi di leva i cittadini che frequentano corsi di istruzione universitaria di diploma o di laurea presso università statali o legalmente riconosciute.
Per quanto riguarda la seconda ipotesi, il citato art. 5 così dispone:
“1. Ai cittadini che frequentano corsi di istruzione media superiore o universitaria nei Paesi dell'Unione europea o che frequentano, al di fuori di questi, corsi i cui titoli di studio finali sono considerati equipollenti dallo Stato italiano, si applicano i benefici previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 del presente decreto.
2. I cittadini che intendano frequentare o che frequentano al di fuori dell'Unione europea corsi al termine dei quali non è rilasciato un titolo di studio, avente il requisito di cui al comma 1, devono chiedere al competente ufficio di leva del distretto militare o della capitaneria di porto l'autorizzazione a soggiornare all'estero per motivi di studio.”
Come chiaramente risulta dal tenore letterale delle disposizioni ora trascritte, la legge individua diverse tipologie di “ motivi di studio” che consentono allo studente universitario di accedere al rinvio.
In tal senso viene in primo luogo in rilievo la situazione dello studente che frequenti corsi universitari in Italia, rilevante ai fini del beneficio solo se la frequenza si correla a corsi impartiti presso Università statali o legalmente riconosciute.
Come già precisato da questo Consiglio di Stato in sede consultiva, deve ritenersi legalmente riconosciuta l’Università non statale il cui ordinamento sia stato oggetto del procedimento disciplinato dall’art. 6 della legge 7.8.1990 n. 245 e succ. modificazioni, procedimento consistente nell’approvazione dello Statuto e del Regolamento didattico di Ateneo, alla quale consegue l’abilitazione al rilascio di titoli di studio aventi valore legale. (Sez. III 11.7.2000 n. 1307).
Per quanto invece riguarda i “motivi di studio all’estero” (così la rubrica del ridetto art. 5), la legge precisamente distingue le conseguenze derivanti dalla frequenza di corsi universitari nei Paesi dell’Unione Europea da quelle conseguenti alla frequenza di corsi impartiti in Paesi al di fuori dell’ unione.
Nel primo caso, la frequenza universitaria in Paesi membri è sostanzialmente equiparata alla frequenza di università statali (o legalmente riconosciute) in Italia; nel caso invece di frequenza in Paesi non ricompresi nell’Unione la concessione del rinvio – ove il relativo titolo di studio non sia considerato equipollente dallo Stato italiano – presuppone che lo studente sia stato previamente autorizzato dalle autorità militari a soggiornare all’estero per motivi di studio.
Tanto premesso in diritto, è pacifico in fatto che l’appellato è iscritto ad Università del Regno Unito (Nottingham Trent University) ma frequenta in Italia i corsi accademici impartiti dall’ E.S.E. (European School of Economics).
Con riserva di approfondire nel prosieguo – alla stregua delle articolatissime considerazioni svolte dalla difesa dell’appellato – la natura del rapporto che intercorre fra la N.T.U e l’E.S.E., il Collegio osserva, in via preliminare, che nel caso all’esame può alternativamente venire in rilievo il disposto dell’art. 3 comma 1 o dell’art. 5 comma 1, primo periodo, del D. L.vo n. 504: in altri termini, la richiesta di rinvio formulata dall’interessato può in astratto ricollegarsi in via diretta alla frequenza dei corsi impartiti in Italia dall’E.S.E. (art. 3 comma 1) o in via mediata all’iscrizione alla N.T.U. in Gran Bretagna (art. 5 comma 1, primo periodo).
Ne consegue, in prima battuta, che le problematiche inerenti il valore legale dei titoli di studio rilasciati dalle Istituzioni in parola o comunque l’equivalenza sostanziale degli stessi a quelli rilasciati dalle Università italiane – ampiamente valorizzate dal Tribunale nel contesto motivazionale della sentenza impugnata – risultano a giudizio del Collegio non pertinenti in quanto, come risulta dall’excursus normativo che precede, la legge disciplina le ipotesi di rinvio del servizio di leva per frequenza di Università italiane o comunitarie prescindendo da ogni diretto riferimento a tale profilo della questione.
In effetti, nel disegno legislativo di riferimento, solo nel caso di frequenza delle Università non comunitarie assume rilevanza l’equipollenza o la riconoscibilità del titolo da queste rilasciato.
Tanto premesso, si osserva innanzi tutto che l’E.S.E. Italy – come riconosce lo stesso appellato – non è abilitata nell’ordinamento italiano (nè del resto in quello britannico) al rilascio di titoli di studio, non rientrando perciò nella tipologia delle Università legalmente riconosciute.
In tale contesto, diventa perciò irrilevante accertare se la Scuola svolga la sua attività didattica (al pari di Istituzioni similari) in base ad autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 2 L. 14.1.1999 n. 4 con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, dal momento che in ogni caso, come efficacemente chiarito dal citato parere della III Sez. n. 1307 del 2000, l’autorizzazione di che trattasi ha scopo ed effetti ben diversi da quelli connessi al legale riconoscimento dell’Istituto.
Si deve perciò concludere che – in sè considerata – la frequenza dei corsi tenuti dall’E.S.E. in Italia non dà titolo a fruire del rinvio ai sensi dell’art. 3 comma 1 del D. L.vo n. 504, come ritenuto dall’Amministrazione.
Osserva però l’appellato che egli in realtà è iscritto alla Nottingham Trent University, che è Università britannica riconosciuta dal Ministro dell’educazione pubblica (Ord. n. 626 del 1993) e perciò abilitata – ai sensi dell’art. 216 n. 1 dell’Education Reform Act del 1988 – al rilascio di titoli accademici aventi valore legale nel Regno Unito.
Osserva ancora l’appellato che nell’Ordinamento britannico sono peraltro previsti e riconosciuti (art. 216 n. 2 Education Reform Act citato) organismi – nel cui novero rientra l’E.S.E. – aventi lo status giuridico di Istituti superiori per la formazione universitaria, i quali non rilasciano titoli di studio propri ma sono abilitati a fornire agli studenti corsi che preparano al conseguimento di una laurea da rilasciarsi da parte di una Università riconosciuta e che sono approvati da questa.
In sostanza, lo studente è iscritto all’Università ma frequenta, dietro corrispettivo, i corsi tenuti dall’E.S.E., la quale a sua volta intrattiene un rapporto di collaborazione a titolo oneroso con la N.T.U.: tale rapporto è retto da un contratto di convalida il quale prevede una serie di procedure (controlli di qualità, approvazione degli esaminatori esterni) al positivo esito delle quali è subordinato il rilascio del titolo N.T.U. allo studente che abbia frequentato presso l’E.S.E corsi – appunto – convalidati ed abbia superato i prescritti esami.
In siffatto contesto risulta evidente – conclude l’appellato – da un lato che il rapporto da lui intrattenuto con l’E.S.E. è del tutto autonomo rispetto al rapporto che lo studente stesso intrattiene con la Università presso la quale è iscritto al fine di conseguire un titolo di studio di antico prestigio; e dall’altro che, riconoscendo la N.T.U. come equiparati ai propri i corsi tenuti dallo stabilimento italiano dell’E.S.E., egli possiede in realtà il titolo giuridico ( la frequenza di corsi convalidati dall’Università comunitaria) per accedere al rinvio.
Tale prospettazione, ancorchè suggestivamente articolata, non risulta condivisibile, alla stregua di convergenti ragioni di ordine sia testuale che sistematico.
Sotto il primo profilo, va infatti posto in evidenza che la normativa di riferimento condiziona espressamente il rinvio – nel caso di studenti iscritti ad Università non italiane – alla effettiva frequenza di corsi accademici tenuti in Paesi dell’Unione diversi dall’Italia, come si deduce dalla rubrica dell’art. 5 D. L.vo n. 504 (Ritardo per motivi di studio all’estero) e soprattutto dal comma 2 del citato articolo, nell’ambito del quale è inequivocabilmente prevista – per gli studenti di università non comunitarie – la necessità di una previa autorizzazione da parte delle autorità militari al soggiorno all’estero.
In sostanza, nel disegno legislativo l’effettivo espatrio dello studente (e cioè la sostanziale frequenza di corsi tenuti presso l’Università estera) è condizione necessaria perché allo stesso possa applicarsi il regime dei rinvii in tal senso previsto per i motivi di studio all’estero e non quello – parzialmente diverso – disegnato per il caso dell’iscrizione ad Università aventi sede in Italia.
La conclusione ora raggiunta risulta peraltro confortata da considerazioni di ordine sistematico, ove si ponga mente alla complessiva disciplina della materia.
Come si è sopra anticipato, tale disciplina diversifica i casi dello studio universitario in Italia e dello studio all’estero in Paese (per quanto qui rileva) appartenente all’Unione, prevedendo nella prima ipotesi che soltanto la frequenza di Università statali o legalmente riconosciute costituisca titolo per fruire del rinvio del servizio di leva.
In siffatto contesto, accedere alla tesi dell’appellato, comporterebbe una irrazionale penalizzazione dello studente iscritto ad Università italiana priva del riconoscimento, il quale non avrebbe diritto al ritardo, mentre tale beneficio sarebbe invece concesso all’iscritto a filiazione di Università estera parimenti non riconosciuta, con esiti ermeneutici in definitiva paradossali.
Il che impone all’interprete di ricercare la praticabilità di una diversa interpretazione, conforme al principio costituzionale di ragionevolezza, e da fondarsi sul rilievo della disciplina diversificata dettata dal Legislatore per le due diverse fattispecie: il che conclusivamente conduce a ritenere, come si è detto, che allo studente il quale frequenti corsi tenuti da Istituti universitari operanti in Italia si applica il regime dei rinvii disciplinato dall’articolo 3, senza commistioni con le diverse prescrizioni dettate dall’art. 5.
In definitiva, avendo il Legislatore articolato la disciplina di riferimento essenzialmente in ragione della sede universitaria concretamente frequentata dallo studente che aspira al rinvio, il meccanismo della convalida (pur astrattamente rilevante per quanto concerne il valore del titolo rilasciato dall’Università convalidante al termine del corso di studi convalidato o per quanto riguarda l’accesso alle professioni) non spiega alcun effetto sulla questione qui controversa.
Nè può ipotizzarsi che gli esposti esiti interpretativi esibiscano profili di dubbia compatibilità con la normativa comunitaria.
Al riguardo va infatti, in primo luogo, rilevato che la disciplina del servizio militare di leva costituisce materia riservata alla normativa interna degli Stati membri, risultando pertanto demandata alla discrezionalità del Legislatore nazionale la concreta individuazione delle ipotesi (costituenti pur sempre deroga alla regola generale del servizio di leva obbligatorio attualmente vigente in Italia) nelle quali consentirne il rinvio, la dispensa o l’esonero a soggetti che versino in particolari condizioni.
D’altra parte, è da escludere che la normativa nazionale in rassegna incida, sia pure indirettamente, sulle libertà fondamentali garantite dai Trattati ai cittadini degli Stati membri ed in particolare sul diritto di circolazione, inteso come diritto di seguire liberamente il proprio itinerario di formazione professionale scegliendo l’istituto ed il luogo di formazione, posto che detta normativa in nessun modo ostacola l’espatrio degli studenti che intendono seguire corsi di studio presso le Università di Paesi membri, concedendo anzi ad essi di fruire – ove ne ricorrano le condizioni, al pari di quanto previsto per quanti frequentano le Università italiane - del rinvio del servizio di leva sino alla conclusione del corso.
Alla luce delle considerazioni ora esposte va quindi disattesa la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità formulata dall’appellato, per l’assorbente ragione che il giudice nazionale – ancorché di ultima istanza - non è obbligato a disporre il rinvio previsto dall'art. 177 (ora 234) del Trattato C.E.E., volto ad ottenere dalla Corte di giustizia delle Comunità europee l'interpretazione pregiudiziale di norme comunitarie, nel caso in cui la questione interpretativa non riguarda effettivamente norme comunitarie e comunque, non sussistono reali dubbi sulla interpretazione delle stesse. (cfr. VI Sez. 1.4.2000 n. 1885).
L’appello va quindi accolto e per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di questo grado del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe ed in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2003 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio

Tuesday, December 20, 2005

EUROPEAN SCHOOL OF ECONOMICS PROCEDIMENTO PER INOTTEMPERANZA

PI5015 - ESE EUROPEAN SCHOOL OF ECONOMICS
Provvedimento n. 14969
L’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO
NELLA SUA ADUNANZA del 30 novembre 2005;
SENTITO il Relatore Giorgio Guazzaloca;
VISTO il Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, c.d. “Codice del consumo”, pubblicato nel
S.O. alla G.U. - S.G. n. 235 dell’8 ottobre 2005, che ha abrogato a far data dalla sua entrata in
vigore il Decreto Legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, come modificato da ultimo dalla legge 6
aprile 2005, n. 49;
VISTO l’articolo 26, commi 10 e 12, del citato Decreto;
VISTO in particolare l’articolo 26, comma 10, del Decreto Legislativo n. 206/05, in base al quale,
in caso di inottemperanza ai provvedimenti di urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli
effetti, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro e nei
casi di reiterata inottemperanza l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa per
un periodo non superiore a trenta giorni;
VISTA la legge 24 novembre 1981, n. 689;
VISTA la propria delibera n. 9010 del 14 dicembre 2000, con la quale è stata accertata
l’ingannevolezza dei messaggi pubblicitari diffusi dalla European School of Economics
International Ltd, pubblicati sul “Corriere della Sera” del 17, 23 e 24 ottobre 1999, del 2 e 7
novembre 1999, del 7 dicembre 1999 e del 5 marzo 2000, e sull’inserto “Lavoro” dello stesso
quotidiano del 26 maggio 2000, nonché su “La Repubblica” del 30 novembre 1999, con i quali si
pubblicizzano i corsi di studio della European School of Economics (di seguito ESE);
VISTA la segnalazione del 27 settembre 2005, integrata con l’identificazione del committente il 20
ottobre 2005, inoltrata da un concorrente con riguardo al sito internet www.uniese.it, rilevato in
data 23 settembre 2005;
VISTI gli atti del procedimento;
CONSIDERATO quanto segue:
Con provvedimento n. 9010 del 14 dicembre 2000 (PI3020 - ESE) l’Autorità ha deliberato che i
messaggi diffusi dalla ESE International Ltd, attraverso il “Corriere della Sera” del 17, 23 e 24
ottobre 1999, del 2 e 7 novembre 1999, del 7 dicembre 1999 e del 5 marzo 2000, e l’inserto
“Lavoro” dello stesso quotidiano del 26 maggio 2000, nonché attraverso “La Repubblica” del 30
novembre 1999, volti a promuovere i corsi di studio della ESE, costituivano una fattispecie di
pubblicità ingannevole. Dalle risultanze istruttorie, ed in particolare dalle informazioni rese dal
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, era emerso che la ESE non gode di alcun
riconoscimento o accreditamento in Italia, non potendo dunque qualificarsi come università.
Inoltre, i titoli dalla stessa rilasciati non sono riconosciuti in Italia e non sono, quindi, equipollenti
ai diplomi di laurea rilasciati da università statali o private riconosciute, non potendo pertanto
definirsi lauree ai sensi della normativa vigente in Italia.
L’Autorità, pertanto, aveva concluso che i messaggi in questione risultavano idonei a trarre in
errore i destinatari con riguardo alle reali qualifiche dell’operatore pubblicitario, nonché in
relazione alle affermazioni relative alle caratteristiche dei servizi offerti ed ai risultati con essi
conseguibili.

In data 27 settembre 2005, è pervenuta una segnalazione, successivamente integrata con
l’identificazione del committente il 20 ottobre 2005, nella quale un concorrente lamenta che il
messaggio diffuso dalla ESE sul sito internet www.uniese.it, rilevato il 23 settembre 2005 -
attraverso l’utilizzo della parola “Università”, nonché attraverso la presenza di espressioni quali
“le lauree conseguite presso la ESE sono riconosciute in Italia e worldwide; la ESE offre tre corsi
di Laurea quadriennali riconosciuti in Italia e in tutti i paesi d’Europa” e termini quali “rettore” e
“atenei” - attribuirebbe all’operatore una qualifica non corrispondente al vero, accreditando altresì
l’idea che lo stesso sarebbe abilitato al rilascio di titoli automaticamente riconosciuti
nell’ordinamento universitario nazionale.
Il messaggio segnalato, attraverso affermazioni del seguente tenore: “la ESE è una università
senza frontiere […]” attribuisce alla ESE la qualifica di “università”, rafforzando tale decodifica,
agli occhi del consumatore, con il riferimento al “Benvenuto del rettore” e agli “atenei” della ESE
stessa dislocati in varie città italiane (Roma, Milano e Lucca). Nel messaggio segnalato, inoltre,
quantomeno fino al 3 ottobre 2005, si fa riferimento al riconoscimento dei titoli ESE senza alcuna
precisazione circa il fatto che tale riconoscimento non può considerarsi automatico, ma deve essere
sempre rimesso ad una previa valutazione da parte delle istituzioni preposte nell’ambito
dell’ordinamento universitario italiano.
Il messaggio in questione, pertanto, nella versione in diffusione quantomeno dal 23 settembre al 3
ottobre 2005, pur se caratterizzato da ovvie differenze formali imputabili alla diversa natura del
mezzo di diffusione utilizzato rispetto al 2000 (internet e non stampa), nella sostanza sembra
riproporre, con specifico riguardo alla qualifica di istituzione universitaria indebitamente vantata
dall’operatore, nonché alla prospettata possibilità di conseguire titoli accademici suscettibili di
automatico riconoscimento nell’ordinamento italiano, i medesimi contenuti già diffusi dalla ESE,
attraverso i messaggi di cui l’Autorità ha inibito la diffusione con il citato provvedimento n. 9010
del 14 dicembre 2000 che è stato regolarmente comunicato all’operatore pubblicitario il 22
dicembre 2000.
In base alle informazioni acquisite agli atti relativamente all’identificazione del committente del
messaggio segnalato, è emerso che il titolare della registrazione del dominio uniese.it è la ESE di
Roma che oggi non risulta più in attività. Tale società, tuttavia, risultava controllata dalla società
londinese ESE International Ltd, capogruppo del gruppo ESE nel mondo: la diffusione del
messaggio segnalato, pertanto, può essere ricondotta alla ESE International Ltd, e cioè al
medesimo operatore responsabile della diffusione dei messaggi censurati nel 2000.
Ricorrono, in conclusione, i presupposti per l’avvio del procedimento previsto dall’articolo 26,
comma 10, del Decreto Legislativo n. 206/05, volto alla irrogazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro.
RITENUTO, pertanto, che i fatti accertati integrano una fattispecie di inottemperanza alla delibera
dell’Autorità n. 9010 del 14 dicembre 2000, ai sensi dell’articolo 26, comma 10, del Decreto
Legislativo n. 206/05
DELIBERA
a) di contestare alla società ESE International Ltd la violazione di cui all’articolo 26, comma 10,
del Decreto Legislativo n. 206/05 per non aver ottemperato alla delibera dell’Autorità n. 9010 del
14 dicembre 2000;

b) l’avvio del procedimento per l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 26,
comma 10, del Decreto Legislativo n. 206/05 per l’inottemperanza al suddetto provvedimento
dell’Autorità;
c) che il responsabile del procedimento è la Dott.ssa Rosamaria Zirpoli;
d) che può essere presa visione degli atti del procedimento presso la Direzione “Pubblicità
Ingannevole e Comparativa” dell’Autorità dai legali rappresentanti della società ESE International
Ltd ovvero da persone da essa delegate;
e) che, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge n. 689/81, entro il termine di trenta giorni
dalla comunicazione del presente provvedimento, gli interessati possono far pervenire all’Autorità
scritti difensivi e documenti, nonché chiedere di essere sentiti;
f) che il procedimento deve concludersi entro centottanta giorni dalla comunicazione del presente
provvedimento.
Il presente provvedimento verrà comunicato ai soggetti interessati e pubblicato nel Bollettino
dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
IL SEGRETARIO GENERALE
Fabio Cintioli
IL PRESIDENTE
Antonio Catricalà

Monday, December 05, 2005

ERRE SERVIZI WALKER UNIVERSITY

Avviato in data 30 novembre il provvedimento n.PI/5056 per pubblicità ingannevole a carico della società Erre Servizi srl e la Walker University.
Farebbero intendere,contrariamente al vero, di conferire titoli universitari riconosciuti e fruibili in Italia.